Il grande spettacolo dell'innovazione tecnologica
E noi che lo seguiamo come spettatori passivi, insieme affascinati e angosciati
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fa920532c-9841-41a5-9047-1a6ced52b0ea_3840x2160.jpeg)
Ultimamente ho pensato al fatto che su Sobrietà si parla molto di tecnologia. È inevitabile: è difficile immaginare la nostra comunicazione quotidiana fuori dal digitale o addirittura al riparo dalle continue innovazioni in materia. Però non avrei mai pensato di scrivere così tanto di intelligenze artificiali e altre amenità – anche perché sono più un curioso che un esperto.
Certo, bisogna riconoscere che qualsiasi avanzamento tecnologico, in qualsiasi settore, tende a modificare le nostre forme di comunicazione, anche indirettamente.
Pensiamo al riscaldamento: l’arrivo dei termosifoni ha cambiato la socialità e la comunicazione nelle nostre case; se prima si viveva principalmente tutti nell’unica grande stanza in cui scoppiettava il fuoco del camino, da decenni anche all’interno della stessa abitazione si vive ciascuno nella propria camera, con tutto ciò che questo ha comportato in termini di relazioni (e di cambiamenti nell’architettura domestica).
Tornando al digitale, la mia curiosità rispetto all’innovazione ha due spinte: la prima è la paura, la seconda la necessità.
Paura, perché come tutti ho la sensazione che la tecnologia possa spazzarci via da un momento all’altro; allora provo a conoscere per razionalizzare. Necessità, perché se riesco a razionalizzare, è probabile che possa pure comprendere come utilizzare nuovi strumenti e dispositivi per rendere più facile la mia vita e il mio lavoro.
È anche vero che gli ultimi tempi sono stati particolarmente fertili dal punto di vista dell’avanzamento tecnologico: quanto tempo abbiamo passato a guardare l’evoluzione delle intelligenze artificiali rispetto alla generazione di video e immagini, quanti visori e altri aggeggi ci sono stati proposti in ogni salsa come tecnologia del futuro?
Il fatto è che per il momento siamo per la maggior parte spettatori passivi di queste innovazioni. Per quanto in particolare le intelligenze artificiali, in modi sottili e spesso poco appariscenti, siano già presenti nelle nostre vite da diverso tempo, ora come ora fruiamo del loro sviluppo come spettatori continuamente incantati o terrorizzati dai progressi raggiunti da questi strumenti.
Se ci sono pochi dubbi sul fatto che quantomeno gli assistenti virtuali diventeranno “oggetti” di uso quotidiano per tutte e tutti noi, nel frattempo stiamo lì a guardare gli ultimi avanzamenti senza capire bene come andranno a stravolgere complessivamente le nostre vite.
Un continuo showcase, un trailer infinito dal futuro in cui all’eccitazione segue l’angoscia: se parliamo di video ci prende il sospetto che nel giro di pochissimo tempo guarderemo interi film sviluppati con l’ausilio di intelligenze artificiali da noi o dai nostri amici.
Il che può sembrare assurdo ma… due secoli fa avremmo mai potuto lontanamente immaginare di intrattenere con la scrittura il rapporto che abbiamo oggi, sia come produzione che come diffusione? Di poter cioè scrivere e pubblicare libri, o anche semplici articoli e post in così poco tempo, e che questa possibilità sarebbe stata alla portata di tutti? Perché non potrebbe accadere lo stesso con i film?
Magari, come con la scrittura, andrà a finire che produrremmo opere del tutto irrilevanti, che guarderemo solo noi così come spesso scriviamo post e articoli (ma anche libri) che restano tra noi e una cerchia piuttosto ristretta di persone. Ma ripeto – soprattutto se consideriamo che l’innovazione tecnologica ha una curva di crescita non lineare ma esponenziale – perché non potrebbe accadere la stessa cosa col cinema e più in generale col video?
![](https://substackcdn.com/image/fetch/w_1456,c_limit,f_auto,q_auto:good,fl_progressive:steep/https%3A%2F%2Fsubstack-post-media.s3.amazonaws.com%2Fpublic%2Fimages%2Fab28316a-811d-4dac-b427-227f43a26637_3840x2160.jpeg)
Questi fantasmi
Questi aspetti dell’innovazione tecnologica ci impressionano prima di tutto come esseri umani, non come specialisti di questo o quel settore. Cosa significa sapere di non trovare più il tocco eminentemente umano nelle nostre opere di finzione preferite? E come cambia il rapporto tra realtà e finzione, la nostra percezione di vero e di falso, se tutto è continuamente falsificabile attraverso un piccolo dispositivo che sta nelle nostre tasche?
Se poi pensiamo ai metaversi (almeno per come vengono immaginati ora), l’idea di vivere continuamente in uno stato di intrattenimento – in cui saremo anche retribuiti per aver contribuito al gioco – è un cambio di paradigma ulteriore che muta la nostra percezione delle relazioni con gli altri, del lavoro, del tempo libero.
Come ho scritto in altre puntate di Sobrietà, il punto è che le tecnologie che utilizziamo da una ventina d’anni a questa parte sono arrivate a impattare direttamente sulle nostre vite nel giro di pochi mesi o pochi anni.
Un tempo la lentezza con cui progrediva la tecnologia e la sua fondamentale non-accessibilità da parte dei comuni cittadini era una sorta di garanzia, nel senso che ci proteggeva dalla paura di essere travolti dall’innovazione.
Con l’arrivo di smartphone e telefoni non è stato più così: non abbiamo più a che fare con strumenti professionali, che vanno ad agire solo in un certo settore limitandosi a modificarne i processi organizzativi o produttivi, con benefici di tipo indiretto e molto diluito nel tempo. No, ogni avanzamento operato da OpenAI, Google, Apple, Meta, Microsoft, Tesla, Samsung o altri finisce col cambiare più o meno progressivamente, ma sempre in modo radicale, la nostra vita quotidiana.
È di queste implicazioni che si parla poco. Trovo che spesso perda di vista l’effetto dell’innovazione tecnologica sulle vite delle persone normali che nel giro di poco avranno accesso a quelle tecnologie.
Un altro aspetto poco approfondito è il nostro rapporto con la morte, che le nuove tecnologie in qualche modo tendono a infiammare: anche questo può suonare esagerato, ma non lo è. Per due ragioni.
La prima: non siamo (ancora) immortali, di conseguenza l’idea che le nostre vite vengano completamente sconvolte da adulti, quando siamo cresciuti in un modo e in un mondo completamente diverso da quello prefigurato dalle nuove tecnologie, ci ricorda che potremmo non fare in tempo a vedere come va a finire questa storia. E che il tempo che ci rimane, breve o lungo che sia, potremmo viverlo su un pianeta che ci sembra alieno. Per quanto riguarda i giovani, invece, semplicemente non riusciamo a comprendere come l’utilizzo dei social – figuriamoci di altre tecnologie – incida sulla loro crescita fisica e psichica. Non abbiamo idea di che uomini e donne saranno i nostri figli in futuro, mentre già come adulti tendiamo a riconoscerci poco in quello che siamo diventati in poco meno di vent’anni;
Ancora, continuiamo a utilizzare le nuove tecnologie in modo un po’ magico, quasi mistico. Interroghiamo ancora i motori di ricerca come si faceva con indovini e sciamani, senza chiederci come fanno a sapere quello che sanno, e allo stesso modo utilizziamo i social e i loro algoritmi; chissà cosa accadrà con gli assistenti virtuali e con altri dispositivi con cui interagiremo verbalmente. Stiamo insomma ristabilendo un rapporto diretto con entità immateriali come potevano esserlo le divinità e gli spiriti dei nostri antenati, ma senza che ci siano la fede o la spiritualità di mezzo. La fede, come l’adesione a un credo religioso, si giustifica spesso come un modo per gestire l’idea della morte o addirittura esorcizzarla. Noi agiamo questi strumenti, per la maggior parte, senza avere più alcun tipo di rapporto con la spiritualità e la religione, con l’invisibile.
Voglio dire che, mentre in egual misura ci eccitiamo o ci spaventiamo per le nuove tecnologie, e mentre le istituzioni di ogni tipo si affrettano a normarle con più o meno capacità e tempismo, questi temi sono tutti sul tavolo. Eppure non li trattiamo. Sono temi politici, filosofici, sociali, morali. Temi umanissimi di cui gli esseri umani hanno smesso di parlare. Fino a quando?
Nella prossima puntata
Parliamo di comunicazione interna, organizzazione, lavoro, burn out e strumenti demoniaci (cioè digitali). Ci leggiamo l’8 giugno, tra quindici giorni.